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lunedì 11 luglio 2011

La nostra Via Padova

Via Padova.

Ghetto, Islamabad, periferia violenta, viene chiamata in tanti modi.
Negli anni 90 non era molto diverso, diciamo che la criminialità era più Made In Italy, al massimo qualche nordafricano che spacciava e qualche Albanese che faceva lo spaccone in giro.

Allora in zona c'erano pochi negozi etnici, non esistevano centri massaggi e parrucchieri cinesi, comandavano gli italiani,o meglio, si contendevano il comando, a suon di mazzate.

Anche se definita un ghetto, un brutto quartiere, c'è un gruppo di persone che la ama, e che la vuole preservare a tutti i costi.

Via Padova è divisa in zone o meglio aree sotto l'influenza di una certa compagnia piuttosto che un altra (quasi sempre rivali)
Partendo da Loreto : Blocco Est (fino alle 4 strade) , Parco Trotter e via Arquà (fino al ponte),  portici e bocciofila, Oratorio S.Giuseppe, Largo Tel Aviv,  Anfiteatro Martesana,  bar di via Derna (S. Crisostomo), via Paruta, zingari di via Vittorelli , Andreoni, Crescenzago (quartiere Adriano).



La maggior parte delle compagnie è composta da discotecari , clienti accaniti di Pilatino, musica tekno e progressive.

La Plaza est è la mosca bianca, un esempio di meltin pot incredibilimente riuscito.
Della Milano Est Gang fanno parte Italiani del nord e del sud, Haitiani, Filippini , Francesi e sudamericani.
Sono una grande famiglia.

Al contrario della cultura generale giovanile "la piazza" non è in primis luogo di ritrovo per fumare due cannette, ma è un vero spazio di aggregazione (non aperto a tutti chiaramente) in cui passare i pomeriggi, festeggiare i compleanni, il punto di riferimento in cui ci si ferma una mezz'oretta a vedere l'alba prima di tornare a casa dopo una notte nella movida milanese.

In questo contesto la Plaza e tutta Via Padova assumono un carattere romantico di grande casa della famiglia MEG.

La "casa" Anfiteatro martesana viene quindi arredata con panchine prese in prestito dal parchetto vicino, un divano che chissà chi buttava via, un vecchio cestino in ferro diventa un bracere dove accendere fuochi per riscaldarsi nelle fredde sere invernali e non manca mai un Ghetto Blaster per ascoltare musica.

Perchè in plaza si va sempre.
Col sole e col buio, con la pioggia o la nebbia. La voglia di stare con la famiglia porta tutti i componenti della MEG ad una assidua presenza.  Alcuni giorni ci sono anche cinquanta persone in cima all' anfi.

Dall'alto della collina dell'anfiteatro si domina il paesaggio, nessuno può arrivare senza essere avvistato molto tempo prima. Sotto i muretti di contenimento c'è nascosta una serie di bastoni e randelli nell'eventualità di una visita sgradita.

La gente non vuole che passino le macchine, capita quindi che ignoti stacchino i cordoli di contenimento dei marciapiedi e li dispongano in mezzo alla strada, lasciando giusto lo spazio per fare passare uno scooter. Tanto è una strada chiusa, a nessuno importa se una macchina non può passare.

Le perquisizioni delle forza dell'ordine sono una routine. Mi sono sempre chiesto perchè, pur non avendo mai trovato nulla continuassero a tenerci sotto controllo.

Due perquisizioni mi ricorderò per sempre, scene da film:
La prima avviene una domenica pomeriggio, un rombo di motori squote la traquillità, e sbucano in mezzo al prato una ventina di motociclette dei carabinieri, li guardiamo avvicinarsi e salire con le moto sull'anfi.
Arrivati (dopo una decina di minuti) in cima il maresciallo prende la radio e dice "Comando, collina conquistata, nessun colpo sparato nessun morto e nessun ferito"..Oh, guarda che siamo a Milano, mica a Iwo Jima!

La seconda perquisa storica avvenne una sera di autunno, era già buio.
Da in fondo alla via arrivano delle pattuglie dei carabinieri a sirene spiegate (come al solito avvistati 1 km prima) , sgommando si dispongono  a semicerchio e con dei fari potentissimi illuminano a giorno la cima dell'anfiteatro.
Scendono in tenuta anti sommossa (eravamo in tanti quella sera) e coi mitra spianati ci mettono tutti a mani in alto. C'è anche un fotografo del giornale.

Perquisizioni,. documenti, tutto in regola, se ne vanno. La cosa ridicola è che il giorno dopo vediamo sul giornale un titolo "Maxi blitz antispaccio, 21 in manette", e sotto c'è la nostra foto con le mani in alto!!!




Ecco la pagina di giornale uscita su un quotidiano a diffusione nazionale, l'atricolo parla di un blitz in piazza Vetra, ma la foto è stata scattata in cima all'anfiteatro martesana. 

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Non sono importanti temi prettamente politici, quello che ci interessa è proteggere i luoghi a noi cari. Ma porteggerli da chi?
Dalle crew rivali, dai tabbozzi, e da chiunque possa mettere a repentaglio la nostra reputazione e la nostra arte.

Dobbiamo evitare che altri writers vengano a "bombardare" i muri delle nostre vie, o a rubarci gli spazi più belli.
Dal punto di vista del Writing Via Padova è nostra e basta.
Se a qualcuno non sta bene, glielo si fa capire con le buone o con le cattive (spesso più immediate ed efficaci).
Regole semplici, regole di strada. Per questo si chiama Gang.
Le crew si sfidano pacificamente, a colpi di breakdance o a suon di rap.

Noi abbiamo il sangue caldo, e viviamo in mezzo ai tamarri, dove chi mena per primo mena due volte, altro che freestyle. Anche questa è Via Padova.

E da questo concetto di protezione del territorio nasce il Blocco Est.
Una sorta di confine, di sbarramento in piazzale Loreto, per controllare chi entra ed esce da via Padova.

L'unica franchigia è concessa al muro di via Pontano e a due murate ben definite nel parco Martesana.
Quelle murate appartenevano ai TDK molto prima di noi, e, cosa fondamentale, essendo alcuni di loro di zona, è sacrosanto che continuino ad usarle.

Per quelli che invece vengono da fuori, e hanno colonizzato VP nessuna pietà.
Da qui nasce la questione dell'Anfiteatro che spiegherò più avanti,  motivo di innumerevoli risse coi precedenti utilizzatori.